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domenica 15 dicembre 2019

RACCONTO DI NATALE


Racconto di Natale

                                                      24 Dicembre, in un paese di una Valle stupenda

   Nella notte è scesa un po’ di neve. Mi sono svegliato come sempre molto presto cercando di lasciare nel buio della camera da letto i pensieri, i malumori e i problemi che il sonno non ha dissipati.
Ho parecchi lavori e impegni da sbrigare anche oggi, ma nel pomeriggio, prima che scendano le tenebre ho deciso che uscirò per farmi anche oggi una passeggiata nel bosco. Mi aiuta sempre a scaricare la cappa delle delusioni e dei guai che la vita accumula su spalle sempre più vecchie, sempre meno forti e speranze sempre meno credibili. Sarà il mio saluto alla natura che si abbandona al riposo invernale, un arrivederci a quando tutte le nevicate si saranno sciolte, a Primavera.
Domani sarà festa, Natale. Domani sarà tutto meno che una festa. 
Si, si ! La tradizionale Messa di mezzanotte, i canti, i presepi le luci, gli alberi addobbati, la messinscena della Natività con bimbi e ragazzi che il Parroco riesce a coinvolgere con sempre maggiore difficoltà, annoiati, distratti, che seguono la Messa guardando continuamente lo smartphone. Forse sarà colpa dell’ora tarda, forse per altro legato alla cultura del tempo. 
Natale; il bel momento atteso e idealizzato del pranzo con attorno i parenti, le persone che veramente contano nel nostro cuore, che ci ispirano sentimenti, amicizia, vicinanza, solidarietà, il dirci tutto il bene che ci vogliamo non ci sarà, non c’è più da anni. Ognuno per conto proprio, alcuni malmessi in salute, alcuni morti,  altri che preferiscono viaggi, cene in ristoranti, annoiati dal buonismo di occasione e dalla sagra dei bei sentimenti recitati e rimessi in naftalina dopo la mezzanotte. Forse meglio così, accettare la realtà anche se cupa e non vivere più di illusioni, attese…
Faccio colazione, guardo fuori. Ha smesso di nevicare e il panorama si stà aprendo fra fiocchi di nuvole che sembrano essersi impigliate nelle cime degli abeti, come se non volessero per pigrizia seguire le sorelle maggiori già alte nel cielo e in lenta navigazione.
Esco per l’ultimo giorno di impegni lavorativi prima della pausa natalizia.
Grazie al cielo mi sono sbrigato per tempo e a metà pomeriggio mi vesto con tutto quanto serve per non sentire freddo, penso a quale sentiero percorrere. Scarpe alte per non lasciar entrare la neve. Un bacio a mia moglie ed esco.

Ho scelto un sentiero facile, quasi in piano che corre nel bosco pochi metri sopra il livello del torrente. Il bosco è abbastanza fitto e poca neve è riuscita a penetrare fino a terra  formando solo sparute chiazze di neve, peraltro già marcate dalle impronte di camosci e lepri selvatiche. Conosco questo sentiero sasso per sasso, arbusto per arbusto. l'aria ha un profumo cristallino e gelido, piacevole. Ci sono dei massi che ho eletti a mio luogo di pausa, mi nascondono dal sentiero e mi siedo abitualmente sopra di loro per calmare il chiacchiericcio della testa, sentirmi parte del ritmo sussurrato  della natura, del suo stupendo mistero. A volte porto con me un libro. Sempre, dopo qualche minuto di immobilità e di respiro reso superficiale per non violare il silenzio prezioso del bosco, si ode il rumore e il lavorio di alcuni scoiattoli. Se il silenzio si protrae a volte giunge il verso lontano di un cinghiale, il salto lieve e deciso dei caprioli. A ben guardare vedi spuntare dai cespugli le loro orecchie. Sono sempre apparizioni magiche, piene di emozione. Oggi gli scoiattoli son già in letargo.
Non c’è che dire, qui si stà bene.
Poi riprendo il cammino e, come spesso faccio, sposto un ramo abbattuto dal vento, strappo degli arbusti che sbarrano il sentiero o sposto dei sassi che possono intralciare il cammino. 
Mi sono fermato vicino a un cedimento del terreno con un buco sul versante a monte del sentiero. Penso che può diventare pericoloso per un escursionista distratto e  cerco una pietra abbastanza grande per coprirlo. La trovo, è giusta, larga e piatta. La colloco e  ne controllo la stabilità. Bel lavoro.

Riparto, ma dopo due passi vengo paralizzato da una vocina debole quanto penetrante che mi dice, con tono irato e provocatorio, se son convinto
di aver fatto davvero un bel lavoro e se non fosse stato meglio che mi facessi gli affari miei. Mi guardo attorno ma non scorgo nulla, fin che vedo  spuntare da dietro un cespuglio spoglio di rosa canina un ometto alto non più di 20 – 25 centimetri che impugna con fare minaccioso un bastone e lo punta contro di me.
Mi viene da sorridere per il coraggio di quel piccolo…..gnomo. UNO GNOMO ?!?!
A questa parola sento come un pugno nel petto. Si, ho proprio pensato “gnomo”. Ma - penso - non esistono gli gnomi! Oddio, se ho le allucinazioni allora vuol dire che sto impazzendo. Comincia a battermi forte il cuore dalla paura e mi guardo attorno. Il bosco è sempre come lo conosco, è solo quel coso alto una spanna che si fa strada e viene verso di me chiedendomi strillando e rosso in viso se per caso non mi sono chiesto se quel buco non avesse, magari, la sua ragione di esistere ! E finitela voi uomini di voler sempre cambiare il mondo attorno a voi, peggiorandolo con la scusa di renderlo più bello, sicuro!. Le cose, tutte le cose, hanno un senso, un fine, un significato in quanto tali, un uso non necessariamente come lo intendete voi! Forse non per voi non hanno senso, ma per altri si. Vergognati! Era uno degli ingressi delle nostre abitazioni invernali!. 
Ma tu non esisti  penso,  non è che quella foglia che ho masticato prima per sentirne il sapore e che non conosco come pianta fà degli strani effetti?
Mentre cerco una spiegazione, l’allucinazione mi apostrofa dicendo in modo imperioso ”sono più reale io di te, caro signore” e avvicinatosi senza paura mi colpisce con forza – si fa per dire - sul polpaccio. Sento il colpo in modo netto. Allora, dico fra me e me, esiste davvero questo coso, questo gnomo. Le allucinazioni non fanno male, a meno che…..Mi blocco nel flusso dei pensieri ancora più atterrito quando mi rendo conto che questo coso mi aveva risposto senza che io avessi parlato, formulato il dubbio a voce. 
- Dimmi un po’, coso, ma tu leggi il pensiero? Non è possibile!
Mi risponde con un sorriso di compatimento dicendomi che se ciò è successo significa che è possibile, o no?!
- Hai ragione, dico, ma….Non finisco la frase che, sempre con voce petulante e indignata, mi dice che lui non è un “coso”, ma una persona con tanto di nome, chi credo di essere solo perché sono più grande di lui. Voi uomini, prosegue, siete convinti di sapere tutto e di essere padroni del mondo, vi sbagliate e prima ve ne renderete conto e meglio sarà per tutti.
Sono allibito e un po’ divertito dall’audacia del “coso”.
-Ti ho detto che non sono un “coso” accidenti, vedi che sei stupido come tutti gli uomini, mi urla lo gnomo.  Mi ha letto il pensiero un’altra volta. Mi sento nudo all’idea che capisca i miei pensieri prima che io li esprima con parole e questa cosa mi causa un certo imbarazzo. 
- Ma come fai a leggere il pensiero, gli chiedo.
- Tutti gli esseri viventi lo sanno fare, solo voi avete talmente riempito il mondo di rumore, di parole quasi sempre inutili o pericolose, di urla, di musiche oscene che non riuscite più a percepire le parole non dette, i sentimenti delicati non espressi, i bisogni degli altri non manifestati per vergogna o pudore, i sussurri dell'anima. Noi, nel silenzio della foresta, sentiamo la paura del cerbiatto, la fame del cinghialino, il richiamo solo pensato dei nostri piccoli. Nel silenzio però. Il rumore, le parole a vanvera, i motori, coprono questo linguaggio del silenzio, le sue mille tenui e profonde sfumature. Anche i vostri sentimenti cattivi, l’odio, l’invidia, la permalosità, l’egoismo, la paura, la voglia di vendetta sono come urla, mascherano soffocandolo il linguaggio non detto, intimo, profondo che noi usiamo abitualmente.
Sono esterefatto. Questo coso stà esprimendo concetti che nella loro apparente assurdità sembrano essere vere. Ci penso un secondo e devo ammettere che il rumore continuo in cui viviamo ci sottrae qualcosa di fondamentale e che il nostro stesso parlare, parlare, parlare raramente ottiene lo scopo di “dire”, di farci “capire”.
- Lo vedi che cominci a ragionare, mi dice il “coso”. Allora, finiamola qui, io mi chiamo Arnudh, chiaro?
Rispondo in modo affermativo. Nel mentre sento un fruscio fra le foglie e intravedo altri cappellini rossi come quello indossato da Arnudh, ci sono altri gnomi li dietro che sembrano attirati dal nostro dialogo. 
- Si, sono i miei parenti, risponde Arnudh intuendo la mia domanda.
- Ma quanto vivete, voi gnomi?
- 365 anni, ma non tutti. Qualcuno qualche minuto in più, qualcuno qualche minuto in meno.
- Minuti?
- Si, perché?
- Così. Ma com’è possibile che campiate 365 anni, non prendermi in giro?
- Già che voi sapete tutto e date un giudizio a tutto. Ignorante! Noi viviamo 365 anni che ti piaccia o non ti piaccia. La vostra presuntuosa e arrogante stupidità è il motivo per cui non vivete anche voi 365 anni come noi. Avete scoperto solo di recente come alcuni frutti, verdure siano salutari, curative, che l’aria avvelenata, gli eccessi fanno male. Noi ci cibiamo di quelle cose da migliaia di anni grazie alla saggezza raccolta dagli avi nel Testo dei Antichi Avi che ognuno di noi ha nella propria casa.
Noi viviamo a lungo perché non conosciamo l’odio, l'egoismo come voi, ci amiamo tutti e sappiamo che se ci sentiamo famiglia, gruppo, popolo sviluppiamo poteri enormi, perché l’amore può tutto, crea, abbellisce, fa star bene, fa amare la vita e la vita, sentendosi amata, ci fa vivere più a lungo. L’invidia e l’egoismo vostri uccidono, distruggono, dividono, creano solitudine, dolore. Vergognatevi!
- Ma, un momento, io……ma non termino la frase
- Tu sei come tutti gli altri, poco più, poco meno! Mi urla lo gnomo.
Sono allibito e non so cosa rispondere. Per cambiare argomento gli chiedo come mai gli gnomi non si fanno mai vedere, non comunicano con gli uomini.
- Perché non siamo né stupidi né interessati a ciò, risponde. Ci catturereste come animaletti simpatici e bizzarri, ci vendereste come i pappagalli, ci terreste al guinzaglio come i vostri cani, esibiti come oggetti di prestigio, ci esporreste nei musei o nei circhi per fare soldi. Ci obblighereste a vivere nelle vostre città avvelenate dall’inquinamento come Milano, Shanghai, Tokio, Città del Messico, Parigi, New York, Torino, avvelenati dai fumi e dalle mille porcherie che inventate ogni giorno. Ci dissetereste con acque avvelenate e puzzolente, ci nutrireste con le vostre schifezze e moriremmo rapidamente, malati, tristi come siete voi! No, meglio vivere qui!
Però, gli dico, che caratterino che hai Arnudh, noi uomini non siamo tutti come dici, molti di noi amano la natura, la ammirano, la rispettano. Pensa che c’è gente che appena può và a vivere nella natura, medita nella natura, abbraccia gli alberi….
- Mmmmfffh! – dice Arnudh, mmmfffh! Andate “nella natura”, come dite voi, prendendo quelle vostre auto velenose, gli aerei che sparano tonnellate di fumi e solo per cercare di compensare la disarmonia e le frustrazioni che vi causa la vita frenetica e malata che vi siete scelti di fare. Lavorate per far soldi, comprare oggetti, comprare vacanze che servono a “riequilibrarvi” dalla frenesia convulsa, dalla mancanza di rapporti umani veri, caldi, disinteressati. Li conosciamo i vostri soloni “ambientalisti”. Tranne pochi, sono tutti lupi travestiti da altruisti o dei radical chic, dei vanitosi e supponenti salutisti alternativi, aristocratici snob. Per lo più han capito che si possono far soldi anche recitando la parte dei difensori della natura,  e inventare nuove tecnologie rispettose dell’ambiente solo perché ci si fanno altri soldi. La verità è che siete una specie infestante.
Un po’ indignato e innervosito ho risposto che va bene, ho capito l’arringa  e tutti i capi di accusa, ma come facevano loro a conoscere i problemi del mondo e i suoi luoghi rimanendo isolati nel bosco.
- Indovina un po’, mi ha risposto Arnudh, cosa credi? Leggiamo i pensieri e sentiamo le chiacchiere dei pochi che passano da questo sentiero, poi a turno, dopo il tramonto, ci rechiamo nei villaggi vicini e ascoltiamo, guardiamo attraverso le finestre l’orrore del mondo  rappresentati giornalmente dalla televisione e dalla radio. Che tristezza, che squallore. Ci fate un po’ rabbia e un po’ compassione. Possibile che non sapete far altro che complicarvi la vita?
- Già, rispondo, hai un po’ di ragione.
- Lo so benissimo, risponde Arnudh.
- Ma come fate a raggiungere i villaggi la sera con le gambette che avete?
Mi guarda indispettito, poi risponde che hanno mezzi veloci e affidabili: volpi, caprioli, faine, camosci. Tutti collaboriamo qui.
- Capisco. Ma com’è , chiedo ancora, che eri vicino al sentiero invece di nasconderti come fate di solito.
- Primo per difendere l’ingresso della nostra casa da intrusi indesiderati che lo coprono con pietre, secondo perché aspettiamo ospiti.
- Ospiti? Chiedo io incredulo. Mentre parlo mi accorgo che si è fatto scuro, è praticamente notte e il bosco è diventato minaccioso e impenetrabile. Comincio ad aver freddo.
- Certo, ogni anno passa da qui Emmanuel, se non ci avessi disturbato avremmo finito di collocare le lanterne per segnare il cammino agli ospiti, mi risponde Arnudh.
- Emmanuel? Chiedo io.
- Si, passa ogni anno  il 24 sera da qui.
- Strano, dico.
- Mica tanto, risponde lui. Emmanuel lo festeggiate anche voi ma non sapete più chi è.
Rifletto un attimo, poi mi scatta un’idea. Non dirai Gesù, Gesù bambino?
- Bravo! Vedi che se ti impegni non sei poi così stupido.
- Grazie, rispondo io ironico.
- Vai pure a casa tua e lasciaci tranquilli a preparare l’incontro con loro.
- Loro? Non avevi detto che era Emmanuel?
- Certo, ma lui ogni anno rinasce ed è un bimbo indifeso e freddoloso. Lo porta in braccio un omone grosso da far paura, un certo Cristoforo…
- Ma dai! Ancora esiste San Cristoforo?
- Esatto. Ma vai pure a casa, tanto non lo vedrai. Solo ai semplici, ai puri di spirito e a chi sa stupirsi con innocenza si rendono visibili. A chi crede in Lui, a chi crede alla Creazione e alla Fantasia. In chi crede a ciò che vede con gli occhi del fanciullo nascosto dentro, anzi, sepolto dentro da troppo tempo per voi. Non credi ai gnomi e ne hai uno davanti, figurati se puoi pretendere di vedere lo Spirito Creatore dell’Universo. Devi fare un bagno di umiltà, lasciar perdere il cinismo e le delusioni che hai nel cuore e guardare con gli occhi di un fanciullo aperto allo stupore la realtà. Non ce la farai mai, sei troppo uomo.
- Posso provarci, non credi? Intanto comincio a credere che Arnudh esiste davvero.
- Bravo, sei sulla strada giusta. 
- Allora, dico io, posso provare a fermarmi?
- Va bene, provaci, anche se non garantisco il risultato dal momento che hai un cuore incrostato di mille zavorre inutili, soprattutto non muoverti assolutamente da lì, non parlare e non pretendere di voler capire e valutare tutto ciò che vedrai.
- Io ci provo, rispondo.
Mi viene in mente che a quest’ora mia moglie sarà in pensiero. Decido di telefonarle per avvisarla. Le dico che ho avuto un guaio con l’auto e che aspetto che il meccanico  mi venga ad aiutare. Dopo una pausa mia moglie chiede: non è una scusa? 
- No! rispondo in modo deciso.
Si tranquillizza.
Nel mentre lo gnomo con alcuni suoi amici ha cominciato a piazzare delle piccole lanternine lungo il sentiero. Da bravo razionale gli chiedo come mai mettono luci se deve passare il Creatore che è Onnipotente e Onniscente.
- Me l’aspettavo questa domanda, dice lo gnomo, sei sempre troppo terra-terra. La luce è un segno, un simbolo che fa capire ad Emmanuel che c’è gente che lo aspetta, lo desidera, lo vuole aiutare nella sua fragilità di neonato, chiaro?
- Eccome! rispondo, ma passa da qui per far cosa, per andare dove? 
Viene nei nostri territori – risponde Arnudh - perché sa che noi vivendo in armonia con la natura, la vita, fra di noi, Lo celebriamo con una vita semplice e lo stupore di ogni giorno per la bellezza del creato e delle creature, per il prodigio di esistere, pensare, provare gioia e riconoscenza reciproca negli amici, nella famiglia, nell’aiutarsi quando necessario, nel tollerarci nei nostri difetti, l'umiltà di non sentirci superiori ma complementari agli altri, l'onestà di riconoscere che abbiam bisogno gli uni degli altri. Insomma viviamo ringraziando di esistere, per non tradire la semplicità in ogni cosa, per godere delle stagioni, dello spettacolo del cosmo, della compagnia delle stelle. Il nostro pregare non è fatto di formule, riti, parole, parole ripetute distrattamente, ma di gioia di esistere e di riconoscenza per le meraviglie in cui siamo immersi. Tutte cose che voi avete dimenticate, rimosse, disprezzate. Per questo siete infelici, vi odiate, invidiate, fate le guerre, vi mentite, vi ammalate nell’anima, nella mente, siete innamorati solo di voi stessi, egocentrici, narcisisti. Hai mai sentito parlare di una guerra fra gnomi, di uno sterminio di gnomi?
- No, rispondo, non credevo neppure che esistessero gli gnomi, figurati. Adesso che ci penso hai ragione, non son mai stati trovati campi di battaglia con resti di gnomi, campi di concentramento con gnomi. Già. Che bello.
- Vedi che cominci a capire di quali Verità avete bisogno per la vera felicità? Avete bisogno di smettere di cercarla, di volerla costruire, di credere che siete voi a trovarla e non lei a trovare voi quando meno ve l’aspettate, di doverla comprare, mostrare. Dovete smettere di cercare di essere differenti da quel che siete veramente. Ognuno di voi, di noi ha dentro un progetto, un talento da esprimere. Seguitelo, non fatevi condizionare dagli altri. E chi non ha talento, non ha particolari virtù o forza, bellezza e genialità da valorizzare, ha sempre, dico sempre, un tesoro incommensurabile da donare: l’amore, la tenerezza, un sorriso, la pazienza, una parola gentile, un affetto da donare, una mano per stringere un’altra mano, un braccio per sostenere, due braccia per abbracciare. Dici poco?
Già, hai proprio ragione coso. scusa, Arnudh.
- Vengo alla tua domanda uomo. Emmanuel passa da qui per recarsi da chi ha perso la speranza, l’amore per la vita, da chi non ha trovato amore pur avendo amato, da chi non ha nemmeno i soldi per fare un presepio. Gli regala il vero Gesù bambino. Và a riscaldare i cuori da chi non ha nemmeno di che riscaldare la casa. Ci và coperto di poveri tessuti per dire loro: so benissimo cosa provate, cosa soffrite.
Ed ecco che dal fitto del bosco compare in lontananza una tenue luce diffusa che oscilla come la lanterna di un viandante. 
Smettiamo di parlare e ci facciamo da parte sia lo gnomo che io. Dopo qualche attimo mi cade lo sguardo sul sentiero e sia da una parte che dall’altra vedo che silenziosamente sono comparsi moltissimi altri gnomi di diversa età, zitti, zitti.
Passa un tempo che pare interminabile poi ecco comparire una immensa figura d’uomo con barba e abiti di pelle di capra, col bastone da viandante e in braccio un bimbo bello, bellissimo. La luce che si notava in distanza non era di una lanterna, ma proveniva dal petto luminoso delle due figure, proprio lì, all’altezza del cuore. Sia io che gli gnomi spalanchiamo gli occhi quando passano vicino a noi. Il Bimbo guarda pensoso davanti a se, come se non vedesse l’ora di arrivare da chi soffre, chi è triste e solo. Solo l’omone, San Cristoforo, gira lo sguardo verso di noi e increspa le labbra in un accenno di sorriso.
Si allontanano lungo il sentiero e la luce che emanavano pare rimanga ancora un attimo con noi, giusto il tempo per scoprire che lungo il sentiero son sbocciati fiori in pieno Inverno, maturate fragole, lamponi, mirtilli. 
Lo gnomo mi guarda e con un sorriso mi dice che si, tutti gli anni quando passa Emmanuel c’è questo risveglio della natura. Emmanuel è il Signore della vita, genera la vita e i frutti maturati. sa che li raccoglieremo per aiutarci a superare l’inverno.
Sono senza parole. 
A un certo punto lo gnomo un po’ bruscamente mi richiama alla realtà dicendo che comincia a far proprio freddo, che è ora di rientrare nelle rispettive case e che se per caso me ne fossi dimenticato – dice con tono severo - sarebbe bene che io togliessi la pietra dall’ingresso della sua casa sotterranea. Cosa che faccio immediatamente.
Rispondendo alla domanda che non avevo ancora espressa lo gnomo mi dice di non aver paura, il sentiero è tutto segnato dalle lanterne messe da loro. Piccolissime in verità, quasi delle lucciole immobili, ma sufficienti a tracciare il cammino.
Guardo lo gnomo e gli sussurro grazie.
Quello mi gira burbero le spalle e mentre si incammina verso l’ingresso della casa sotterranea mi risponde: vai, vai che fa freddo. Ricordati di questa sera. Il vero miracolo non è spostare le montagne, ma far nascere l’amore e la misericordia dentro ogni essere vivente. Vai!
M'incammino, ma dopo due passi mi giro e chiedo: ma allora esistono anche gli angeli? Non si vede più nessun gnomo, ne Arnudh ne i suoi compagni. Da un punto imprecisato del bosco una voce risponde: dipende da con quali occhi guardi il mondo. Poi silenzio, buio, freddo, più nulla
Cammino fino ad uscire dal bosco come stordito. Raccolgo le idee, cerco di ricordare i fatti successi, le parole sentite, la visione di Emmanuel.
Avvio l’auto e vado verso casa. Entro in garage e quando salgo le scale slacciandomi la giacca vedo che al centro del petto emana una luce debole, velata ma reale, proprio lì, vicino al cuore. Mi hanno contagiato!
Quando entro in casa mia moglie dice: era ora , sai che ora è? Stai bene?
Ed io: mai stato così bene, piccola.
Allora – continua lei – togliti le scarpe prima di entrare perché sono luride di fango.

Buon Natale 

(dal libro “racconti veramente veri e immaginari” di Leopoldo Neri )